Sono assimilabili alle assicurazioni sulla vita, pertanto possono essere oggetto di sequestro preventivo finalizzato alla successiva confisca

Questo è quanto affermato dalla Corte di Cassazione, con sentenza emessa da Sez. III, 6 maggio 2020, n. 13660, nella quale si evidenzia che i fondi pensione, pur essendo strumenti finanziari aventi una finalità riconducibile al genus previdenziale, tuttavia si contraddistinguono per due aspetti significativi.

Innanzitutto le somme necessarie per la loro alimentazione non sono immediatamente ricollegabili alla nozione di corrispettivo di rapporto lavorativo oggetto di accantonamento (neppure nel caso in cui essi siano stati versati, almeno in parte, dallo stesso datore di lavoro per conto dei propri dipendenti, cfr.: Corte di cassazione, Sezioni unite civili, 9 marzo 2015, n. 4684), perché esse possono essere versate dal soggetto anche se le relative provviste non siano rivenienti dallo svolgimento di un’attività lavorativa.

In secondo luogo, la Corte osserva che proprio la loro qualificazione come “strumenti per la previdenza complementare”, induce ad escludere che «essi vadano a integrare, arricchendolo e non costituendolo, quel nucleo essenziale di prestazioni che è soggetto a espressa garanzia di intangibilità sia sotto il profilo civile che sotto quello penale».

La Corte, dunque, perviene alla conclusione che i “fondi pensione” siano assimilabili alle assicurazioni sulla vita sia con riguardo alla fase di accumulo della provvista monetaria che alla successiva fase di erogazione della periodica prestazione pecuniaria.

Pertanto, considerata la giurisprudenza precedente, che aveva riconosciuto la possibilità di disporre il sequestro preventivo su una polizza assicurativa sulla vita, la Cassazione conclude dichiarando l'applicabilità di tale misura cautelare anche alle somme di danaro confluite nei “fondi pensione”.

 

Avv. Saverio Di Lernia