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La cassazione ha confermato il provvedimento di adozione della bambina a causa delle carenze della donna come genitore
Ricostruita la vicenda, i giudici di merito ritengono necessario dare la piccola in adozione a fronte delle grandi lacune genitoriali della madre e dello stato di abbandono della bambina.
Decisive risultano l’attualità e la non recuperabilità dello stato psicopatologico della donna, affetta da psicosi epilettica con gravi disturbi del comportamento, con riconoscimento di invalidità totale e permanente inabilità lavorativa al 100%.
La donna ha provato la strada del ricorso in Cassazione ma le speranze sono risultate vane. Impossibile, difatti, secondo i Supremi Giudici ipotizzare un possibile recupero della donna nella sua qualità genitoriale.
A questo proposito la sentenza precisa che «nel corso degli anni sono stati attuati numerosi interventi e sono state promosse tutte le azioni necessarie ed opportune per il benessere psico-fisico della minore, tra cui anche l’affidamento extrafamiliare, nonché interventi di sostegno alla genitorialità», e ancora che «sono stati effettuati, da parte di tutti gli operatori coinvolti, innumerevoli tentativi di intervento, sostegno e supporto, e più volte sono stati richiesti dai ‘Servizi sociali’ e dal Tribunale accertamenti a cui, però, la donna si è sempre sottratta, non presentandosi al ‘Centro di salute mentale’ o non proseguendo con i percorsi di sostegno alla genitorialità appena iniziati».
In altre parole, «tutti i tentativi effettuati nel corso del tempo, volti al recupero e alla formazione delle capacità genitoriali della donna» sono andati a vuoto, anche a causa della «persistente negazione», da parte sua, «della patologia» che l’affligge da tempo.
Di conseguenza, «proprio in considerazione dell’interesse superiore della minore, deve essere dichiarato lo stato di adottabilità, stante la incapacità genitoriale» della madre.
In conclusione, quindi, «i dati incrociati dei colloqui e dei test somministrati mettono in luce un comportamento complessivamente disfunzionale e lacunoso, non adeguato alle esigenze psico-evolutive della figlia».
A fronte della accertata totale inidoneità della donna come madre, non resta che optare per l’adozione per salvaguardare la bambina e garantirle uno sviluppo psico-fisico adeguato (Cass. civ., sez. I, ord., 17 giugno 2024, n. 16716).
La Cassazione ribadisce che il genitore deve necessariamente partecipare ai procedimenti relativi alla limitazione o ablazione della responsabilità genitoriale
Una madre ha aggredito l’ex compagno e la sua nuova compagna, accoltellando la donna. Il Tribunale ha quindi deciso per la figlia minore della coppia l’affidamento c.d. superesclsivo al padre e a sospensione della madre dal diritto di visita in quanto sottoposta a custodia cautelare ai domiciliari.
La madre ha provato a proporre reclamo, ma inutilmente. La questione è dunque giunta all’attenzione della Corte di Cassazione.
Nello specifico, la madre si è lamentata per la parte in cui i giudici di merito hanno escluso il suo interesse ad impugnare il provvedimento di affido della figlia al padre solo perché con un precedente provvedimento del Tribunale era stata sospesa, in via provvisoria, dalla responsabilità genitoriale.
Sul punto, la Cassazione ricorda che nei processi aventi ad oggetto la limitazione o l’ablazione della responsabilità genitoriale, il genitore deve partecipare necessariamente, essendo munito del «pieno potere di agire, contraddire e impugnare le decisioni che producano effetti provvisori o definitivi sulla titolarità o sull'esercizio della detta responsabilità».
Nel caso di specie, dagli atti non emerge se il provvedimento emesso dal Tribunale per sospendere la ricorrente dalla responsabilità genitoriale sia stato effettivamente comunicato alla donna, come la stessa afferma.
Di conseguenza, ha errato la Corte d’appello a ritenere che la madre non fosse legittimata ad impugnare l’affidamento superesclusivo al padre posto che non era dimostrata, in quel momento, l’assenza dello status di genitore.
Risolti così i risvolti processuali, la Corte non può però ribaltare la decisione di merito come richiesto dalla donna. La situazione su cui si è fondata la decisione del Tribunale dei Minorenni è chiara, soprattutto in relazione all'applicazione della misura cautelare penale degli arresti domiciliari nei confronti della madre.
In tal senso, il Tribunale ha correttamente osservato il superiore interesse del minore che ha sempre la precedenza (Cass. civ., sez. I, ord., 30 maggio 2024, n. 15154)
Anche in caso di adozione c.d. piena, il giudice può valutare in concreto il preminente interesse del minore a mantenere relazioni socio-affettive con il nucleo parentale della famiglia di origine
A seguito di un femminicidio, la Corte d’Appello di Milano dichiarava lo stato di adottabilità dei due figli minori della coppia.
Veniva infatti accertata l’inidoneità genitoriale del padre e di tutte le figure vicariali del nucleo familiare.
I Giudici hanno comunque ritenuto opportuno conservare i rapporti tra i minori e i prozii paterni, nonché con la nonna materna, secondo quanto stabilito dai Servizi territoriali, a fronte della sussistenza di una relazione affettiva significativa che avrebbe aiutare i piccoli nell’elaborazione del trauma subito a causa della morte della madre per mano del padre.
La Procura Generale di Milano ha proposto ricorso in Cassazione dolendosi per la violazione della legge n. 184/1983 in quanto la Corte di appello avrebbe errato nel legittimare la conservazione di legami con la famiglia di origine.
Sulla questione del trattamento degli orfani di femminicidio, è intervenuta solo l’anno scorso la Corte Costituzionale che con la sentenza n. 183/2023 ha osservato che dalla lettura della legge n. 184/1983, in una prospettiva costituzionale di tutela del minore e della sua identità, il giudice può accertare che la prosecuzione di significative, positive e consolidate relazioni socio-affettive con componenti della famiglia di origine, realizzi il migliore interesse del minore. Al contrario, la loro interruzione potrebbe cagionare invece al minore un pregiudizio.
Seguendo tale interpretazione, la Cassazione riconosce la possibilità per il giudice, anche in caso di adozione piena o legittimante, di «valutare in concreto il preminente interesse del minore a mantenere relazioni socio affettive con il nucleo parentale della famiglia di origine, attenendo la necessaria ed inderogabile recisione dei rapporti parentali, esclusivamente al piano delle relazioni giuridico formali» (Cass. civ., sez. I, ord., 6 maggio 2024, n. 12233).
La Corte di cassazione chiarisce i limiti entro cui il provvedimento che sospende la responsabilità genitoriale e dispone in merito alle visite del genitore con il figlio è ricorribile in cassazione.
Il ricorrente, detenuto in custodia cautelare e padre di un minore, ricorre per cassazione avverso il decreto che disponeva l’affido del figlio ai nonni materni per un anno con monitoraggio dei servizi sociali. Venivano inoltre disciplinati gli incontri con il padre. La Corte di appello parzialmente riformava il decreto e disponeva che gli incontri avvenissero in due ore al mese, ma l’affido del bambino rimaneva ai nonni. Nel ricorso per cassazione il padre lamenta che la Corte di appello aveva tenuto conto solo delle motivazioni dedotte nell’ordinanza di custodia cautelare, ma che ancora non era intervenuta una sentenza di condanna definitiva e che soprattutto era comunque in grado di prendersi cura del figlio.
La Corte di cassazione ribadisce la differenza che vi è tra i provvedimenti che statuiscono sulla limitazione o l’ablazione della responsabilità parentale e quelli che invece afferiscono alle modalità di visita dei figli. Il provvedimento oggetto del ricorso riguarda questa seconda tipologia di provvedimenti poiché afferisce al decreto che dispone le modalità di visita del figlio con il padre, nonché la sospensione della responsabilità genitoriale. Dubbi interpretativi rimanevano riguardo la ricorribilità in cassazione dei provvedimenti che afferiscono alle modalità di visita del genitore, ma la Cassazione ha affermato che questi sono ricorribili se il diniego si risolve nella negazione della tutela giurisdizionale a un diritto fondamentale che è quello alla vita familiare. Se, infatti, le decisioni assunte dal giudice in materia di modalità e tempi di visita sono così limitative e stringenti da ledere il diritto alla bigenitorialità allora il ricorso avverso il provvedimento è ammissibile in cassazione. Nel caso di specie, continua la Cassazione, il ricorso è ammissibile ma va comunque rigettato sul presupposto che la sospensione provvisoria della capacità genitoriale non preclude un pieno recupero di tale capacità da parte del padre che può comunque continuare a vedere il figlio. Sarà quindi possibile un nuovo esame sulla capacità genitoriale all’esito del giudizio penale (Cass. civ., sez. I, ord., 19 gennaio 2024, n. 2021).
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